Le interviste impossibili – A cura di Giovanni Ballarini – Erodoto e la pasta impastata con i piedi

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Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. In una di queste occasioni, la copia dei mietitori egiziani conservata al Museo della Pasta di Collecchio mi dà l’occasione di intervistare il grande storico greco Erodoto che mi narra della lavorazione della pasta nell’antico Egitto.

ERODOTO E LA PASTA IMPASTATA CON I PIEDI

Erodoto di Alicarnasso o di Thurii, (484 a.C.- 425 a.C. ca.) è uno storico greco antico considerato il padre della storiografia. Nella sua opera cerca di individuare le cause che hanno portato alla guerra fra le poleis unite della Grecia e l’Impero persiano, ponendosi in una prospettiva storica, utilizzando l’inchiesta e diffidando degli incerti resoconti dei suoi predecessori perché, come lui stesso dice, delle cose avvenute da parte degli uomini non svanisca col tempo il ricordo. In giovinezza Erodoto compie un viaggio nella terra d’Egitto dove interroga i sacerdoti ed altri indigeni e osserva i costumi di quel popolo riguardo i paesaggi, il ruolo del Nilo, le tradizioni e le usanze di tempi anche molto più antichi e di queste osservazioni fornisce una dettagliata descrizione nel secondo libro delle sue Storie. Volendo avere informazioni di prima mano sulla pasta con la quale si alimentano gli egiziani del suo tempo, da Erodoto nel 410 a.C. otteniamo un’intervista che ci concede a Sibari, vicino a Thurii, dove si è ritirato stanco dei suoi viaggi e dove si gusta una raffinata cucina.

Illustre Erodoto, nelle sue Storie sappiamo che in giovinezza Lei ha frequentato l’Egitto governato da un Faraone della XXVII Dinastia, interessandosi dei costumi alimentari degli egizi. Quali di questi le è sembrato particolarmente interessante?

Molto diversi sono i costumi alimentari degli egizi da quelli degli altri popoli mediterranei e credo dipendano in gran parte da una civiltà che si è sviluppata e vive grazie al fiume Nilo con le sue piene. Per esempio gli egizi non seminano fave, quelle che crescono spontaneamente non le mangiano e i sacerdoti non ne tollerano neppure la vista considerandole un legume impuro. Coltivano invece i cereali e per questo l’Egitto è considerato il granaio del Mediterraneo, ma chi si nutre di questi prodotti è biasimato. Inoltre impastano la farina con i piedi mentre lavorano il fango con le mani. Due grandi diversità con gli altri popoli che a mio parere si possono spiegare. Il ciclo vegetativo delle fave non coincide con quello delle alluvioni del Nilo. L’Egitto come ho detto è un grande produttore di frumento e di orzo che è usato soprattutto per produrre una bevanda fermentata, la birra, che non richiede l’uso del fuoco e quindi di legna, scarsa in quel paese con pochi alberi, tanto che è costretto a importare il legname da altri paesi, come il Libano. Per la loro abbondanza, frumento e orzo sono cibi per i più poveri e questi, più che fare pane che è un cibo raro usato per offerte rituali e deposto nelle tombe per un buon viaggio del defunto nell’al di là, producono pizze. Queste sono cotte su rudimentali forni che risalgono al neolitico, costituiti da una piastra d’argilla porosa chiusa da un vaso di terracotta, e che poi evolvono in un forno costituito da mattoni d’argilla disposti a forma di cilindro, alla cui base si accende il fuoco, coperto da una lastra di pietra sopra la quale si sistema la pasta di farina di cereali, lievitata o no.

Lei mi ha appena detto che gli egizi impastano la farina con i piedi mentre lavorano il fango con le mani. Come spiega questa diversità?

Rispondo subito alla seconda parte della domanda. L’argilla per fare terrecotte o mattoni portata dal Nilo è molto morbida e s’impasta facilmente con le mani, diversamente delle argille di altri paesi che sono dure e si possono impastare bene solo con la forza dei piedi. Ogni paese ha le sue diverse qualità di animali e vegetali e quindi anche di quello che chiamiamo genericamente frumento. In Egitto cresce il farro e almeno sette varietà di un frumento che per le caratteristiche del suo chicco è detto “duro”, mentre nei paesi settentrionali del mar Mediterraneo cresce un frumento “tenero”. Il grano duro degli egiziani con le sue molte varietà, ha chicchi di consistenza dura e la sua macinazione porta a uno sfarinato detto semola costituito da granuli che, amalgamato con l’acqua, dà una pasta molto tenace che può essere ben lavorata solo con la forza dei piedi. Diversamente l’impasto di farina di grano tenero con acqua è molto morbido e può essere facilmente lavorato con le mani. Oltre che a servire per produrre pizze, in Egitto la farina del grano duro, o semola, probabilmente – ma non posso affermarlo con sicurezza – può essere cotta a vapore. (Un cibo che poi diviene tipico del Nord Africa e da qui si diffonde in tutto il mondo con il nome di cuscus, ma anche progenitore di una pasta secca tirata in lunghi fili come spaghi o spaghetti da cuocere in acqua – Nota dell’Intervistatore).

Nel ringraziarla per la sua intervista, possiamo quindi concludere che gli egiziani al tempo dei Faraoni usano il grano duro e la sua farina non solo per fare birra, pane e pizze ma probabilmente anche per nuovi alimenti da cuocere a vapore o in acqua dopo una intensa lavorazione con i piedi.