Focus su…

di Emilio Milana

Da “La scia dei tetraedri – Nel mare gastronomico delle Egadi” una lettura nuova e documentata sulla diffusione della pasta di semola di grano duro nel Mediterraneo.

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Nel Museo della Pasta di Collecchio è stata rimontata ed esposta ai visitatori l’attrezzatura di un antico pastificio chiavarese. Fu acquisita, nel 1993, su iniziativa di Pietro Barilla, dai F.lli Celle di Chiavari che ne erano entrati in possesso nel 1979 rilevando un’attività, detta popolarmente in lingua locale da-o Bolàn (leggi da-u Bulàn), che, da oltre un secolo e mezzo, custodiva quelle macchine nei propri locali.

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“La rappresentazione degli spazi dell’alimentazione”

In occasione di EXPO Milano 2015 gli studenti del primo anno del Corso di Disegno dell’Architettura e Laboratorio, al Corso di Laurea Magistrale Edile Architettura, dell’Università degli Studi di Brescia, tenuto dal professor Sereno Innocenti hanno effettuato – nell’anno accademico 2014-2015 – una serie di indagini sul territorio, tese ad individuare i “luoghi” legati all’alimentazione: dalle botteghe ai mulini, agli opifici, ai refettori monastici e storici. Tutti luoghi dove il cibo si produce o si consuma.

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“… non avranno né odore né sapore spiacente”.
I campioni di pasta del 1837 e 1838 ritrovati nell’Archivio di Stato di Parma

Di Marzio Dall’Acqua, Mario Palazzino e Antonella Barazzoni (Archivio di Stato di Parma)

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Origini e storia di un formato tradizionale di pasta ligure

Di Cesare Dotti – Segretario della Società Economica di Chiavari

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Janello Torriani, nato a Cremona intorno all’anno 1500, fu il più grande costruttore di macchine del Cinquecento. Abile fabbro ferraio, orologiaio di fama universale, ingegnere idraulico geniale, matematico di corte e inventore acclamato, Janello Torriani conobbe già in vita una notorietà che andava ben oltre le mura della propria città. La sua fama si estese oltralpe, in terra germanica, nelle Fiandre, in Inghilterra e soprattutto nei regni iberici.

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A cura di Paolo Giorgini.

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La pieve di Santa Maria Assunta – nota anche come pieve di Fornovo – ha forme romaniche. L’origine della struttura è di epoca longobarda (IX secolo, pare) ma la prima testimonianza della sua esistenza è dell’854. Verso la metà dell’XI secolo – con la crescente importanza del luogo lungo il tracciato della Via Francigena: qui si riunivano i percorsi provenienti da Fidenza e da Parma – avviene la completa ricostruzione, con impianto a tre navate e altrettante absidi.

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Le sue tavole erano riempite sino all’inverosimile, oltre che di personaggi della storia, di piedi, pettini, salami, vermi, quasi per un terrore psicanalitico del vuoto.

Piedi animati che camminano da soli decidendo di andare a piedi, vermi con un cappello a cilindro che si aggirano senza timore in un mondo attraversato da proiettili, pedate e pugni, pezzi di salame che esibiscono la parte affettata come un viso e che camminano scodinzolando, dita che spuntano da pipe mostrando all’inverso il gesto che consisterebbe nel premere il tabacco: questo ed altro ancora affolla il catalogo eccentrico dell’iconografia, fatta di immagini inconfondibili e quasi ossessive, di uno dei più grandi fumettisti del Novecento: Benito Jacovitti.

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Di che pasta sei fatto?”. Si dice per definire il carattere di una persona.
Nella lingua italiana, a partire dal XIV secolo, si diffonde il modo di dire ‘essere di buona pasta’ per indicare una persona buona e amabile, l’esatto opposto delle persone ‘di pasta grossa’, rozze e meschine, come ci ricorda Giovanni Sercambi (1347-1424): “Spartosi la novella di ser Martino per la contrada, alcune donne et alquanti homini di buona pasta andavano a lui dicendo…”.

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Alla Facoltà del Design del Politecnico di Milano, una parmigiana, Deborah Ferraguti ha discusso un’ampia e approfondita tesi di laurea sull’allestimento di un percorso espositivo dedicato alla pasta presso la Corte di Giarola, relatore il prof. arch. Luca Basso Peressut. Il lavoro è risultato interessante e degno di attenzione per l’impostazione metodologica, la serietà di approfondimento e le soluzioni proposte. Ne pubblichiamo perciò una sintesi, corredata da alcune immagini del progetto.

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