La pasta è un alimento diffuso in tutta Italia. Ma storicamente, è da Napoli, ove si sviluppa una forte industria di produzione nella zona di Gragnano e nei centri della costiera amalfitana, che prende avvio alla fine del Settecento una seconda introduzione della pasta nella cultura alimentare italiana e nel consumo popolare.
La pasta si può comprare nei chioschi lungo le strade (quante stampe e dipinti d’epoca!) e si mangia con le mani, senza condimento o cosparsa di pepe e col formaggio bianco grattugiato (da qui l’espressione “Come il cacio sui maccheroni”).
La fame atavica dei napoletani si materializza anche in un personaggio della Commedia dell’Arte: Pulcinella, perennemente affamato di spaghetti.
Così la pasta diviene oggetto di rappresentazione, sia colta che popolare: dall’acquerello Pietro Fabris (attivo 1756-792), Mangiatori di spaghetti sulla baia di Napoli e il Vesuvio al fondo, del 1790 ca. (Courtesy Christie’s Paris); alla ceramica policroma di Giuseppe Gricci (1720 ca.-1771), Pulcinella mangia i maccheroni con i pulcinellini, del 1770 ca., alle numerose incisioni popolari di Gaetano Dura, alle miriadi di cartoline di giovani lazzaroni che mangiano la pasta per le strade. Quasi un “carattere distintivo” del popolo partenopeo. Se Napoli non fu storicamente la “patria” degli spaghetti, ricoprì un ruolo fondamentale nella diffusione della pasta come cibo di strada e popolare. E la pasta – forse anche grazie a queste raffigurazioni – conquistò nell’Ottocento tutto il Paese e la sua iconografia allarga i suoi caratteri ad abbracciare tutte le regioni d’Italia.