La speronella meglio conosciuta come rotella o tagliapasta, è legata alla diffusione della pasta fresca nell’alimentazione dalle famiglie italiane ed europee e vede la luce nel Medioevo. Ispirata nel nome e nella forma allo sperone utilizzato per incitare i cavalli, venne forgiata non già con punte – che avrebbero bucato la sfoglia – ma con il bordo mosso da una serie regolare e continua di sinuosità, che dava al taglio della pasta il caratteristico segno a serpentina. Cristoforo Messisbugo (fine 1400-1548), scalco alla corte degli Estensi, è il primo a citarla nel 1549 mentre è raffigurata nell’Opera, di Bartolomeo Scappi (fine XV sec.-1577), cuoco personale di Papa Pio V pubblicata a Venezia nel 1570. Con il passare dei secoli, la rotella si arricchisce di forme nuove e fantasiose, costruite in materiali differenti: dalle più comuni in legno, fino alle più preziose in avorio, osso o argento. Il legno di bosso, durissimo, si presta a intagli geometrici e zoomorfi, il bronzo e l’ottone consentono la fusione di manici con pomoli variamente formati, ma anche di variazioni funzionali, come la doppia rotella, o l’aggiunta, negli esemplari cinque-seicenteschi di un sinuoso coltello tagliapasta a vantaggio dei pasticceri, o di timbri a rilievo per marchiare in modo da renderle riconoscibili, focacce e pani da cuocere nel forno comune, o ancora, di uno stampo da tortelli o di un cucchiaio.
Quando l’usura logora le rotelle intagliate nel legno, dischetti d’osso, o addirittura, sul finire dell’Ottocento, monete fuoricorso opportunamente limate, servono egregiamente a rimpiazzare l’originale, conferendo all’attrezzo un’aria più vissuta e famigliare. Rotelle in ottone, in ceramica o porcellana, entrano nel XIX secolo nelle case della classe borghese. Nel Novecento la pressofusione e nuove tecnologie fanno nascere oggetti in lamiera, in bakelite, in acciaio, e, nel dopoguerra in lega d’alluminio con scritte pubblicitarie per dare continuità ad un attrezzo ancor oggi in uso e immutato.