Lo strumento è costituito da una sottile lama arcuata di forma semiovale, appuntita a una delle estremità e ribattuta nella parte interna fino ad avere un filo taglientissimo. All’estremità opposta è fissata a un corto manico di legno.
Era utilizzata dai contadini per la mietitura del frumento, che avveniva tradizionalmente alla fine di giugno e che costituiva la fase finale del ciclo di produzione iniziato nell’autunno dell’anno precedente. Si iniziava il lavoro la mattina presto perché la rugiada notturna manteneva le spighe umide e impediva la caduta dei preziosi grani. Con la mano sinistra (la desta per i mancini) si afferrava un certo numero di steli da recidere (‘mannello’) e con l’altra si tagliava muovendo la falce verso di sé. Lo strumento, mosso da destra verso sinistra con andamento curvilineo antiorario, veniva passato con un colpo secco alla base del vegetale in posizione orizzontale, recidendolo. Prima dell’uso la falce veniva ribattuta sull’incudine con il martello, mentre durante la mietitura affilava periodicamente ripassandola con la cote, una pietra abrasiva naturale che per operare in modo efficace doveva essere bagnata. La denominazione falce ‘messoria’, cioè per le messi, distingue lo strumento a manico corto, usato per la mietitura, dalla falce ‘fienaia’usata per tagliare (‘segare’) il foraggio. Abbandonata solo alla metà del ‘900, quando dalla mietitura manuale si passò a quella meccanica, per la sua funzione così specializzata e insostituibile è rimasta nell’immaginario collettivo come simbolo della classe contadina e del lavoro dei campi.