Le interviste impossibili-A cura di Giovanni Ballarini- Dalli e la pasta del Duca

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ANTON MARIA DALLI E LA PASTA PER  LA TAVOLA “SECRETA” DEL DUCA FRANCESCO FARNESE

Nella capitale del Ducato di Parma e Piacenza governa il duca Francesco Farnese (1678-1717) che pur timido e balbuziente è dotato di un’intelligenza vivace e della spregiudicatezza politica di tutti i grandi della famiglia. Quando prende la guida del Ducato lo trova con una situazione finanziaria disastrosa e per cercare di sanarla taglia tutte le spese inutili della Corte, licenziando gran parte della servitù, musici, buffoni e nani e abolisce spettacoli, feste di Corte e banchetti.

Per sé mantiene tuttavia una cucina particolare, “secreta” come si dice nel linguaggio dell’epoca, guidata da Antonio Maria Dalli (metà XVII secolo – Bologna 1710). Di probabili origini bolognesi Dalli è assunto alla Corte farnesiana nel 1692 con l’incarico di cuoco e pasticciere, nel gennaio del 1694 rinuncia al ruolo di pasticciere ma nel 1696 firma un contratto per rifornire la Corte di biscotti. Dalli è ben noto in città dove per un certo periodo esercita un’attività di pasticcere, avendo anche rapporti con il copista Carlo Giovanelli, lo stesso che aveva già copiato Li quatro banchetti del cuoco di Corte Carlo Nascia (XVII-XVIII secolo). In città si dice che Dalli stia dettando a Giovanelli un suo ricettario, ma soprattutto si mormora sulla non consueta abitudine del Duca di mangiare una pasta che viene da lontano e che il Dalli acquista in bottega. Con facilità scopriamo il laboratorio di pasticceria dove nel pomeriggio lavora Dalli e lo troviamo assieme a Giovanelli. Abbiamo così la possibilità di una breve intervista sulla pasta che è servita al Duca Francesco Farnese nella sua cucina “secreta”.

Messer Dalli, spero di non disturbarla mentre Lei sta forse lavorando con Messer Giovanelli, ma vorrei interrogarla sulle paste che Lei prepara per il Duca Francesco Farnese nella sua cucina “secreta”.

Nessun disturbo, anche perché è proprio l’argomento su cui stavamo discutendo, io e Giovanelli, con il quale stiamo raccogliendo le ricette particolari della cucina che sto realizzando per il Duca, escludendo ovviamente quelle di comune uso, che tutti conoscono e praticano a menadito. Una raccolta che forse intitoleremo Piciol lume di cucina e che secondo i dettami del nostro tempo, dopo una dedica al Duca, conterrà alcune nozioni di igiene da usarsi in cucina e ricette, seguendo l’andamento di un pasto completo dai primi ai dolci. Proprio ora abbiamo deciso di scrivere separatamente dei due tipi di pasta che io uso per la tavola “secreta” (personale) del Duca. Con la farina locale, che il popolo usa per fare gli gnocchi e le lasagne, come già si faceva al tempo della nostra vittoria su Federico II di Svevia (1194-1250) (qui si fa riferimento ai ricettari attribuiti o più probabilmente fatti raccogliere da questo Imperatore – Nota dell’intervistatore) io preparo la pasta per fare torte e tortelli, in due forme. Pasta Sfogliata di farina impastata con acqua e burro per ottenere “fogli” da usare nelle torte di carni, una pasta da preparare con cura perché ha la tendenza a fare colla attaccandosi alla tavola su cui si lavora. Pasta Frola di farina impastata con uova, zucchero e burro per le torte di frutta, offelle e altre piacevolezze. La Pasta alla Siciliana, che tanto piace al Duca la debbo invece acquistare in bottega.

Sono stupito che Lei, un grande cuoco, non possa preparare questo tipo di pasta, che ritengo anche costosa, e quindi non in linea con il risparmio che contraddistingue lo stile di questo Duca.

Non vi è da stupirsi di quanto mi dice, ma il problema sta nel tipo di frumento e quindi di farina che viene usata per fare questa pasta alla quale io e Giovanelli dedichiamo la ricetta Minestra di Pasta alla Siciliana che le posso consegnare. La farina di grano tenero delle nostre terre impastata con acqua fa colla. La farina di grano duro detta semola delle regioni meridionali, impastata con acqua, lavorata, trasformata e essiccata al sole e all’aria di quelle terre si presenta in forme diverse dette spaghetti, maccheroni e altre denominazioni. Questa pasta si conserva nel tempo, resiste ai lunghi viaggi e partendo dalla Sicilia in barili o bariselle arriva fino a Genova e da qui a Parma. Come Lei suppone è una pasta costosa, visto il lungo viaggio, ma anche il passaggio tra le mani di diversi commercianti, come è per altri alimenti che arrivano da lontano e che noi – almeno per ora – non riusciamo a produrre. Il nostro Duca – ma non è il solo tra la nobil gente – è particolarmente ghiotto di questa pasta, che può essere variamente condita, come riporto nella mia ricetta.

Messer Dalli, nella sua ricetta Lei indica una cottura in brodo di almeno un’ora, un tempo nel quale una pasta nostrana quasi si scioglierebbe, ma come è cucinata dai siciliani?

(Carlo Giovanelli che assiste al colloquio chiede di rispondere). Per quanto ho potuto sapere, nei paesi dell’Italia Meridionale la Pasta Siciliana è cotta per un tempo molto inferiore a un’ora, quando ha ancora una consistenza sostenuta, tale da dover essere masticata con i denti e condita con cacio pecorino. Contrariamente a noi che se la cuociamo in acqua la saliamo poco, mi è stato anche detto che i marinai siciliani cuociono questa pasta con l’acqua di mare a volte diluita con un poco d’acqua dolce, condendola con cacio e pepe. Paese che vai cucina che trovi, si può ben dire. Ritengo inoltre che il Duca, come ogni altro delle nostre terre, essendo abituato alle nostre paste molto morbide non apprezzerebbe una Pasta Siciliana di sostenuta consistenza, anche se ha buoni denti con i quali morde le carni e altri cibi di compatta densità.

Nel ringraziare entrambi, Messer Dalli e Messer Giovanelli credete che la Pasta Siciliana possa avere un futuro a Parma?

Dalli – Il futuro è sulle ginocchia di Giove, insegna il padre Omero, soprattutto per gli alimenti e la tavola. Dopo la scoperta delle Nuove Indie o Americhe, vediamo come stiamo accettando nuovi cibi, iniziando dal Pollo d’India (il tacchino – Nota dell’intervistatore).

Giovanelli – La Pasta Siciliana è un cibo costoso e riservato a pochi, ma non escludo che nel futuro questa pasta, anche per imitazione dei potenti e dei ricchi e soprattutto se diminuissero i costi dei trasporti, possa arrivare sulla tavola di molti parmigiani. E perché no? Non è impossibile che possa essere prodotta anche qui e mangiata non morbida ma con l’uso dei denti o “pasta al dente” e con nuovi condimenti, anche americani. (Si allude al pomodoro? – Nota dell’intervistatore).

MINESTRA Dl PASTA ALLA SICILIANA

Questa si compra alla Bottega, ancorché si chiami Siciliana, perché la prima dalla Sicilia, questa si ponne in Pignata con brodo buono avvertendo che non vi siano busche e che bolli, e la farai bollire almeno per un’hora, e sopra il tutto che non siano busche come dissi, e che non vi manchi brodo ne che sia troppo e volendola servire metterai all’ala della Piatellina Formaggio di Lodi grattato con Canella, et sopra brodo grasso, e detta Minestra si può fare col Buttiro, ò Latte d’Amandole; all’hora si adopra l’acqua, e devesi guardare dal troppo sale.