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“Per pasta alimentare si intende una miscela di farina di grano tenero o semola di grano duro con acqua o altra sostanza liquida che permetta di ottenere un impasto ritagliato in piccole forme regolari che saranno cotte a calore umido”.

La pasta può essere, secondo gli ingredienti:

di semola di grano duro, confezionata quindi con sole semole e acqua;
all’uovo, con almeno 4 uova intere per chilogrammo;
ripiena, pasta all’uovo con aggiunta di ripieni a base di carne, formaggi, verdure, …

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Di Giancarlo Gonizzi

Introduzione

Le paste alimentari sono state per secoli opera di massaie e di cuochi: fino al ‘300, per quanto riguarda i maccheroni, la produzione fu casalinga. Non si sa con certezza quando dall’ambito familiare la produzione si sia trasformata in industria ma si può fissare l’inizio di questo passaggio verso la metà del XIV secolo.

Inizialmente la pasta veniva confezionata esclusivamente a mano, ma allargandosi il consumo cresce il numero dei maestri d’arte, che si uniscono in Corporazioni per la tutela degli interessi della categoria, e vengono ideati mezzi meccanici per rendere più sollecita ed economica la produzione. Dallo Statuto della Corporazione di Roma, che risale alla fine del Cinquecento, apprendiamo che le botteghe d’arte si distinguevano in due categorie: quelle con torchio e quelle senza. Quindi l’uso del torchio a vite era già diffuso tra il XVI e il XVII secolo. Il torchio manuale, inizialmente in legno, attraverso lente trasformazioni verrà realizzato, di lì ad un centinaio di anni, interamente in metallo.

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Di Giancarlo Gonizzi

A Parma, là dove strada Nino Bixio, verso la sua fine, si scosta verso Est per sfociare nel piazzale circolare interno della barriera ottocentesca, sulla facciata Nord dell’edificio che un tempo ospitava l’Officina Meccanica Barbieri (poi stabilimento Robuschi), ancor oggi esiste un grande mosaico a monocromo di circa 3 metri e 30 per 2,60 raffigurante alcuni macchinari per la produzione della pasta. La sua storia curiosa merita di essere raccontata. E lo facciamo grazie ad un raro esemplare di quel macchinario, esposto al Museo della Pasta, recentemente aperto alla Corte di Giarola, presso Collecchio.

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