Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. In una di queste occasioni, la copia del manoscritto del Libro di Ruggero opera di Muhammed al-Idrisi, conservata al Museo della Pasta di Collecchio mi permette di intervistare il grande geografo arabo che ci ha lasciato le prime testimonianze sulla produzione della pasta in Sicilia.
AL IDRISI GEOGRAFO E NON STORICO DELLA PASTA SECCA
Muhammad al-Idrīsī (1099 ca.-1164 ca.) è un geografo e viaggiatore arabo, nato nella Ceuta almoravide e nella nobile famiglia maghrebina degli Hammudidi e trascorre buona parte della sua vita viaggiando tra il Nordafrica e al-Andalus, visita l’Anatolia e molte parti d’Europa, tra cui la Grecia, Creta, Rodi, il Portogallo, i Pirenei, la costa atlantica francese, l’Ungheria, e York in Inghilterra. Dopo aver viaggiato per tutti i Paesi del mar Mediterraneo intorno al 1145 è invitato dal re Ruggero II di Sicilia a Palermo dove realizza una raccolta di carte geografiche completate da un libro di geografia (Liber ad eorum delectationem qui terras peregrare studeant – Il sollazzo per chi si diletta di girare il mondo, Kitāb nuzhat al-mushtāq fī ikhtirāq al-āfāq), chiamato Il libro di Ruggero (Kitāb Rujār o Kitāb Rujārī) e terminato verso il 1154. Questa eccezionale testimonianza della cultura geografica del suo secolo riguarda anche gli alimenti e tra questi la pasta secca e su questo argomento al-Idrisi ci concede un’intervista a Palermo nel 1160.
Illustre geografo, Lei ha scritto che a ponente di Termini (PA) vi è un abitato che si chiama Trabia, incantevole soggiorno con acque perenni e parecchi mulini. Trabia ha una pianura e vasti poderi, nei quali si fabbricano tanti vermicelli (itriyah) da approvvigionare, oltre ai paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani, dove se ne spediscono moltissimi carichi per nave. Da dove deriva questo interesse per la pasta secca?
Il mio interesse è di geografo che vede e studia i rapporti che vi sono tra le terre e le opere dell’uomo, ma anche, non lo nego, per i buoni cibi e soprattutto quelli delle mie origini. Ricordo quando ad al-Andalus, a Siviglia, sono con alcuni saggi e studiosi arabi e mentre ceniamo secondo gli usi e i cibi del luogo, incominciamo a parlare delle paste che nei paesi arabi si ottengono dai tipi di grani che colà crescono. Si tratta di farro e di grani duri, mi dice uno dei sapienti presenti, come quelli che crescono nei paesi del Mediterraneo meridionale e che danno una farina o semola che impastata con acqua pura dà origine ad un impasto di ottima qualità e che ben si conserva nel tempo. Uno dei presenti ricorda che si tratta di un antico, anzi antichissimo cibo e che uno storico greco, Erodoto, la cui opera è stata conservata nelle biblioteche arabe, dice che la pasta è così tenace che bisogna lavorarla con i piedi, non essendo sufficiente la forza delle mani. I cibi ottenuti di questi grani sono ben diversi di quelli che si ottengono dai grani che si coltivano nei paesi delle terre settentrionali la cui farina, mescolata con acqua, diventa una pasta collosa, tanto che è meglio impastarla con uova. Da qui il conversare si sviluppa considerando il ruolo che la pasta araba assume nella navigazione mediterranea, contribuendo anche, almeno secondo uno dei presenti, al suo successo.
Gentile Muhammad non comprendo bene quale fosse l’idea del suo commensale.
Il mio commensale ritiene che le flotte delle navi cristiane che solcano il Mediterraneo hanno marinai e soprattutto rematori che si alimentano con pappe o zuppe di leguminose, cereali e di gallette (piccoli pani durissimi simili ai sassi o ciottoli e da qui il nome) di farina di grano tenero, mentre i marinai delle navi degli arabi sono nutrite con quanto si ricava dai grani duri molto più nutritemi. In particolare e soprattutto i comandanti delle navi arabe hanno a disposizione paste di grano duro simili a vermicelli che cuociono in acqua di mare e che mangiano condite con cacio e spesso con pepe.
Cacio e pepe è quindi una antichissima ricetta per condire la pasta. Ma che ruolo ha Trabia nella produzione di questa pasta?
Molti sono i posti nei quali in Sicilia, e non solo, con la farina o semola di grani duri si preparano paste essiccate in forma di sottili cordicelle o vermicelli (tria o itriyah), ma un luogo particolare se non magico è quello di Trabia. Questa località si estende tra le pendici del pizzo Cameccia e il mare, è ricca di acque che servono ai molti mulini costruiti secondo le più recenti conoscenze tecniche degli studiosi arabi e che macinano i grani coltivati sulla vicina, ampia area della Sicilia occidentale, e infine ha una favorevole esposizione ai venti e un facile porto. Tutte condizioni particolarmente favorevoli a una ottima e abbondante lavorazione e produzione di pasta secca che, come scrivo nel mio libro per il Re Ruggero, può essere esportata per nave ai paesi della Calabria e ai territori musulmani e cristiani, affrontando anche viaggi verso destinazioni lontane senza deteriorarsi. A Trabia non si è inventata la pasta di grano duro, ma la si produce di qualità e soprattutto in quantità tali da poterla esportare facendola conoscere a tutti i paesi del Mediterraneo.
Nel ringraziarla per questa intervista, capisco quanto mi dice sulle condizioni favorevoli che vi sono a Trabia per una produzione e un’esportazione della pasta di grano duro, ma non mi è chiaro il ruolo dei venti.
I venti sono un poco la mia passione di geografo, perché contribuiscono a determinare molte caratteristiche del territorio e le sue produzioni. Proprio per quanto riguarda la produzione della pasta, dai più esperti pastai ho appreso che la pasta si fabbrica con lo scirocco e si asciuga con la tramontana, venti che per la situazione geografica di Trabia sono forti e sostenuti. Chi volesse produrre buona pasta secca di grani duri dovrebbe cercare – e nel Mediterraneo forse non mancano – luoghi che abbiano caratteristiche simili a Trabia.
(Un luogo che ha queste caratteristiche, ricco di acque, con monti alle spalle, vicino ad un porto, esposto a venti favorevoli e adiacente a un ampio territorio adatto alla coltivazione di grani duri è certamente quello in Campania della Valle del Sarno tra Torre Annunziata e Gragnano, che circa sette secoli dopo al-Idrisi vedrà lo sviluppo di una grande produzione di un’ottima pasta secca di forme larghe, strette, corte, lunghe, forate – Nota dell’Intervistatore).