Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. In una di queste occasioni due “gride” di privativa per la produzione della pasta a Parma nel Settecento, conservate al Museo della Pasta, raccontano la visita di Giacomo Casanova alla nostra città.
GIACOMO CASANOVA E I MACCHERONI PARMIGIANI
Nel 1748 i ducati di Parma e Piacenza vengono assegnati a don Filippo I di Borbone (1729-1765) che già aveva governato il ducato dal 1731 al 1735 e che – su raccomandazione del Re Luigi XV di Borbone (1710-1774) di cui Filippo è genero – nel 1749 chiama a Parma Guillaume du Tillot (1711-1774). Questi diviene Intendente Generale della Casa con i pagamenti delle spese e degli stipendi, l’intendenza dei palazzi, delle ville, dei giardini e dei teatri, la direzione degli spettacoli e delle feste, l’organizzazione degli alloggi e che nello stesso anno 1749 affida all’architetto Ennemond Alexandre Petitot (1727-1801) il compito di intervenire sul tessuto urbano con una volontà rappresentativa che punta a Parma quale mito di una nuova Atene d’Italia. A partire da quello stesso anno, si registra una forte presenza in città di artisti, artigiani e uomini di cultura che la rendono una città internazionale e multilingue, con quattromila francesi su quarantamila abitanti e che arriverà a contare il più grande numero di abbonati all’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert dopo Parigi.
Viene anche soppresso il Tribunale della Inquisizione e sempre il 1749 è l’anno nel quale arriva a Parma Giacomo Casanova (1725-1798), avventuriero e libertino veneziano, come racconta nella “Storia della mia vita” (1797). Casanova, giunto in una locanda alle porte della città, dice: “Morivo di fame e mi dissero che non c’era nulla da mangiare, ma convinto del contrario, ordinai al locandiere, ridendogli in faccia, di portarmi burro, uova, maccheroni, prosciutto e formaggio Parmigiano”. Perché Giacomo Casanova arriva a Parma e chiede i maccheroni? Durante uno spettacolo nel Teatro di Corte situato all’interno del maestoso Palazzo della Pilotta ho la fortuna d’incontrare Giacomo Casanova che mi concede un’intervista, che avviene il giorno appresso passeggiando nei pressi del Parco Ducale della città.
Distintissimo Casanova, cittadino della Repubblica di Venezia, quali sono i motivi per i quali è Lei qui a Parma?
Molti sono i motivi di questa mia presenza, che è anche un ritorno, perché nelle mie vene scorre un sangue che sa di un’antica origine parmigiana. È durante il XVII secolo che a Parma arriva una copia di immigrati spagnoli, forse dall’Aragona, e un loro discendente, Giacomo Casanova, sposa la parmigiana Anna Roli che dà alla luce due figli, Giambattista e Gaetano (1697-1733), quest’ultimo era mio padre. Tutti e in diverso ruolo sono legati agli spettacoli teatrali di Corte che si tengono a Parma. Nel periodo di mio padre il Duca di Parma Francesco I (1678-1727) trova il Ducato in una situazione finanziaria disastrosa e taglia tutte le spese inutili della Corte, licenziando gran parte della servitù, musici, buffoni, nani e abolendo spettacoli, feste e banchetti. Per questo mio padre Gaetano nel 1723 lascia Parma e va a recitare nel Teatro San Samuele a Venezia, dove nel 1724 sposa la bellissima Giannetta o Zanetta Farussi. Da questo matrimonio il 2 aprile del 1725 nasco io, Giacomo Girolamo Casanova, e negli anni successivi, mentre mio padre e mia madre sono in giro per l’Europa con una compagnia di comici italiani di grande successo in tutti i teatri, nascono altri miei cinque fratelli, due dei quali Francesco (1727-1803) e Giovanni Battista (1730-1795) valenti pittori. Ma altri importanti motivi mi portano oggi a Parma, governata da don Filippo I di Borbone e con la presenza soprattutto di Guillaume du Tillot. Questa città sta diventando sempre più Europea, una seconda Parigi o una nuova Atene, senza l’Inquisizione e quanto con essa collegato. Inoltre qui il cibo sta salendo verso il sublime anche per merito del formaggio Parmigiano, del suo prosciutto e non ultimi i maccheroni, come ho segnato anche negli appunti che intendo possano servirmi per scrivere una Storia della mia Vita.
Fra i tre cibi che trova a Parma, ora da Lei citati, perché si sofferma proprio sui maccheroni?
Premetto che in un recente passato i maccheroni, magnifico cibo, per le sue caratteristiche si è diffuso in tutti i Palazzi Regali e Ducali, e si sa che a Parma Anton Maria Dalli, cuoco “secreto” di Francesco Farnese (1678-1717), li comprava in bottega per il suo Duca che ne era ghiotto. Questo me lo ha anche detto mio padre, perché in famiglia dei maccheroni se ne parlava come di un cibo prezioso e riservato solo al Duca! Infatti la pasta di farina di grano tenero e uova deve essere consumata fresca e i Farnese fanno giungere dai loro feudi meridionali grano duro, mescolando i due tipi di farina, ottenendo risultati migliori, ma non come quelli che si hanno con il solo grano duro. Inoltre, da giovane, nel 1743, io ero a Chioggia dove venni accolto dall’Accademia Gastronomico Letteraria dei Maccheroni. In una seduta di questa Accademia apprezzai un raffinato pasticcio di maccheroni di un cuoco napoletano e ne scrissi una composizione. Per questo fui accolto tra gli accademici maccheronici e nominato Principe dei Maccheroni, titolo del quale mi vanto.
Quindi Lei aveva uno stretto legame quasi sentimentale con i maccheroni di Parma. Ora come li trova?
Oltre quanto Le ho già detto, aggiungo che il mio legame con i maccheroni di Parma l’ho consolidato con un recentissimo colloquio con l’Intendente Generale Guillaume du Tillot che mi ha parlato della sua intenzione di operare un rinnovamento della produzione industriale di Parma anche con pastifici (nel 1763 a Stefano Lucciardi di Sarzana sarà concessa la libertà di fabbricare in Parma paste all’uso di Genova con diritto di privativa – cioè l’esclusiva – per la durata di dieci anni che sarà rinnovata nel 1798 per il 1799. Ciò non impedisce la facoltà di importare paste forestiere, né di fabbricare quelle ad uso locale – Nota dell’Intervistatore). Qui a Parma ho trovato non solo ottimi maccheroni, ma anche una particolare cultura di cottura e di condimenti, che porta a trasformarli anche in raffinati pasticci o timballi, che non sono soltanto cibi dei nobili, ma che si trovano anche nei banchetti di nozze dei ceti abbienti e che tra l’altro sono di alto gradimento per chi mi accompagna in questo mio soggiorno parmigiano.
Nel ringraziarla per questa intervista, non voglio entrare nella sua vita privata (è a tutti noto che Giacomo Casanova è arrivato a Parma con una nobildonna francese dal carattere forte e coraggioso, che per non farsi riconoscere veste abiti maschili, che si fa chiamare Henriette e con la quale vive un grande amore). Si dice che Lei sia un esperto di cibi afrodisiaci. Cosa ne pensa dei Maccheroni?
Molto si dice e molto più s’immagina e s’inventa su questo argomento e sui cibi che sarebbero ritenuti più o meno efficaci a stimolare e potenziare l’eccitazione amorosa. Certamente un buon cibo al tempo stesso leggero e nutriente, ben preparato, perfetto e capace di soddisfare entrambi gli amanti, quasi magicamente diviene un cibo afrodisiaco, come è un piatto di maccheroni conditi con formaggio Parmigiano.