Nobile trafila per la pasta, quale è la sua origine e quali gli antenati suoi?
Ben dice a chiamarmi “nobile”, perché nasco per lavorare e trasformare in fili sottilissimi metalli preziosi, primo e principale tra tutti l’oro e anche quando entro nel regno della pasta mi occupo di quella migliore e simile all’oro, la pasta di semola. Non a caso ho pre-antenati antichissimi ampiamente preistorici perché i primi che hanno strutture simili alla trafila e capaci di produrre fili sottilissimi, tenaci e preziosi sono gli insetti comparsi sulla terra circa quattrocentocinquanta milioni di anni fa, molti dei quali arrivati fino ad oggi come i ragni e i bachi da seta che con le loro proto- trafile producono resistentissime tele e preziose sete. Venendo ai miei antenati più vicini, è nell’XI secolo che i lavoratori dell’oro e d’altri metalli preziosi elaborano strumenti per produrre fili sempre più lunghi e sottili (con la micro-trafilatura ora si producono fili metallici del diametro di pochi micrometri) e sono usata anche per altri materiali tra cui la ceramica e la pasta, quest’ultima prodotta per la prima volta mediante la tecnica dell’estrusione.
Molto interessante, ma come trafila in bronzo per la pasta quando lei nasce?
Come trafila in bronzo per la pasta, sono in un certo senso figlia della guerra, quando nel XIV secolo si sviluppano le armi da fuoco e le tecniche di lavorazione dei metalli, soprattutto il bronzo con il quale fare cannoni, ma anche trafile da usare in torchi per fare la pasta. Per questi ultimi abbiamo una prima testimonianza dell’“ingegno per li maccheroni” da Cristoforo da Messisbugo (1549), cuoco alla corte di Ferrara nella prima metà del XVI secolo. Sono poi i pastai napoletani tra i primi ad adottare questo “ingegno” come riportato in diversi documenti del 1579, 1596 e 1634. Uno strumento, di cui sono parte essenziale, che un pittore ignoto fiorentino nel 1615 circa rappresenta su una delle famose pale della collezione dell’Accademia della Crusca, poi disegnato a penna dal canonico della chiesa metropolitana di Firenze Niccolò Cini (?-1638), discepolo di Galileo. In questa pala, il motto “A più angusto vaglio assottigliato” bene identifica la mia funzione di assottigliare la pasta, rendendola più fina con un termine, quest’ultimo, che è riportato nel parlare comune anche di preziosità. Inizialmente costruito in legno con campana e trafila in bronzo, lo strumento è applicato al muro della cucina per poter esercitare più agevolmente la forza necessaria con una lunga stanga o pertica. L’evoluzione tecnologica porta, prima a introdurre la vite in metallo e poi a realizzare presse interamente metalliche, anche se di piccole dimensioni, con la vite direttamente collegata alla manovella.
Perché questo ingegno nel quale lei, la trafila, è parte essenziale ha avuto tanto successo?
Il torchio da pasta serve nella delicata fase della formatura della pasta, inizialmente nelle grandi cucine dei signori, poi, nel corso dei secoli, nelle botteghe degli artigiani e infine nella industria pastaria per la produzione di pasta tramite la trafilatura. L’impasto di farina di grano duro, o semola, dalla pressione della vite è spinto attraverso la trafila che permette di modellare il formato desiderato. All’esterno della trafila la pasta è tagliata dal pastaio o da un coltello meccanico rotante. Coltelli, matterelli, fili d’acciaio (chitarre per spaghetti), ferri da maccaroni e altri strumenti per formare la pasta, sono sostituiti dal torchio con la trafila, potente apparecchio che permette di produrre pasta in un numero quasi infinito di forme in poco tempo.
Comprendo i motivi di questo successo, che immagino non sia stato istantaneo. Il suo utilizzo come trafila della pasta come è avvenuto?
Lunga e complessa è stata la mia storia a questo proposito e inizia con un torchio di legno simile a quello usato anche in cucina per diversi scopi e al quale è associata la trafila. Alla fine del secolo XVII e nel periodo dell’Illuminismo, Paul-Jacques Malouin (1701-1778), medico e chimico francese, si occupa anche dei metalli concentrandosi anche sullo zinco, stagno, piombo e nel 1752 inventa un processo di zincatura a caldo. Malouin (1767) scrive Arts du meunier, du boulanger et du vermicellier, dans la collection des Arts et métiers publiée par l’Académie des sciences. In questo testo sono in dettaglio descritte le arti del mugnaio, del pastaio e del fornaio, con una storia ridotta della panificazione e un dizionario di queste arti. In questa trattazione i vermicelli sono prodotti con torchio in legno dotato di una trafila in bronzo, uno strumento molto simile a quello acquistato nello stesso periodo dall’americano Thomas Jefferson (1743-1826). Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo l’avvento delle macchine a vapore e poi quello dell’energia elettrica trasformano i metodi di lavorazione della pasta e i torchi metallici sono sempre più efficienti per essere poi integrati in macchine che eseguirono le operazioni essenziali del processo di fabbricazione: impastamento, gramolatura, torchiatura, trafilatura (pressa continua Braibanti – 1933). Soprattutto nella prima metà del secolo XX si osserva la diffusione dei torchi nelle famiglie con apparecchi in ghisa e ottone con una vite orizzontale per la produzione di pasta corta e una vite verticale per i formati lunghi. L’apparecchio è fissato al tavolo o su uno sgabello ed è azionato a mano con l’ausilio di manici, una volta inserito l’impasto dentro la campana, la vite di pressione (chiamata madrevite) spingeva la pasta verso la trafila in maniera tale da far uscire il formato desiderato.
Lei mi ha parlato molto della produzione della pasta, ma meno della sua storia, iniziando dai materiali di cui è costituita.
Considerando le caratteristiche della pasta di semola, le trafile inizialmente sono costruite in rame, un metallo facile da modellare e adatto al contatto con gli alimenti. Una volta che la trafila ha esaurito la sua vita utile, dando origine ad un prodotto non conforme, è smaltita e il rame fuso per essere riutilizzato. Nel secolo XX il rame è gradualmente rimpiazzato da ottone e da bronzo-alluminio e compaiono gli inserti intercambiabili: il supporto forato della trafila è mantenuto e gli inserti sono sostituiti a fine ciclo. A partire dagli anni Sessanta del Novecento compaiono le trafile con inserti in teflon da cui trae origine una nuova branca di paste secche di grandi superfici lisce, molto meno porosa rispetto a quella trafilata al bronzo. Di pari passo a trafile e inserti compaiono anche macchine lava-trafile. I materiali usati nella costruzione di una trafila sono determinanti per la qualità della pasta, permettendo di avere filiere forate in modo preciso, garantendo omogeneità e giusta rugosità delle superfici lavorate e questa è la caratteristica principale che contraddistingue le trafile in bronzo da quelle in teflon. Inoltre, anche la scelta degli utensili usati nella costruzione delle trafile ha una parte rilevante per la qualità del prodotto finale. La trafilatura rappresenta il cuore della lavorazione della pasta e di questo, io trafila, mi vanto.
Nobile trafila dalla lunga storia, la ringrazio per la buona pasta che ci ha dato e continuerà a darci.