Descrizione
La mattina del 30 gennaio 1838, il commesso della ditta Vincenzo Marinelli – appaltatore dei generi alimentari per il Carcere Ducale di San Francesco a Parma – consegnava, come tutti i giorni, la fornitura di pasta alla dispensa dell’Istituto Penitenziario. Quel giorno, però, l’economo e il direttore del carcere si rifiutarono di accettarla perché, secondo loro, la qualità della pasta non era corrispondente a quella descritta negli accordi che regolavano l’appalto delle forniture: buttata in pentola, la pasta si era “sciolta” nell’acqua. Nello stesso giorno, il direttore Giulio Cesare Verdelli comunicava l’accaduto al Presidente del Consiglio di vigilanza, inviandogli una nota a cui allegava una “mostra della pasta” consegnata dal fornitore, da confrontare col campione presentato l’anno precedente al momento della stipula dell’appalto (era la nascita di un contenzioso che avrebbe impegnato il Tribunale di Parma e fatto confluire la relativa documentazione all’Archivio di Stato). Così, in quella lettera finirono anche due campioni di spaghetti, uno del 1837 e l’altro del 1838, divisi in due cartocci di carta da droghiere, con tanto di timbri in ceralacca. Durante i lavori di riordinamento e ricognizione del fondo Presidenza – Dipartimento delle Finanze all’Archivio di Stato, aperta la busta 1295, ci si è trovati con i due cartocci contenenti quella pasta vecchia di oltre 150 anni, leggermente ossidata, ma perfettamente conservata. Lo straordinario rinvenimento ha offerto lo spunto per far analizzare, con l’autorizzazione del Ministero, alcuni frammenti dei due campioni dal Dipartimento di Fisica dell’Università di Parma e dai laboratori di ricerca Barilla di Foggia. Le analisi hanno permesso di dare ragione al Direttore del Carcere: gli spaghetti del 1838, contrariamente al campione dell’anno precedente, contenevano farina di grano tenero e non corrispondevano, quindi, ai requisiti di qualità richiesti dai rigorosi disciplinari del Ducato di Parma. I due più antichi campioni di spaghetti di produzione industriale a tutt’oggi noti, provengono dall’Archivio di Stato di Parma e sono esposti al Museo della Pasta grazie all’autorizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.