La creazione della cucina

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a cura di Giovanni Ballarini

Alessandro Magnasco (1667-1749), Refettorio dei Francescani osservanti. Olio su tela, 1730-40 (Bassano del Grappa (VC) – Museo Civico).

Perché dedichiamo tanta attenzione alla cucina?
Per “cucina” bisogna intendere ogni tipo di trasformazione e manipolazione che l’uomo esercita sul cibo: con il fuoco, con azioni meccaniche, fermentative e mescolando alimenti diversi; rientrano nella cucina anche i sistemi di conservazione degli alimenti, le regole e i riti di consumo (ricette, menù, calendari alimentari, …). Anche per la cucina, conoscendone le origini, possiamo interpretarne la storia, il presente ed immaginare un futuro.
Solo la nostra specie, in stretto rapporto con l’invenzione dell’agricoltura, ha creato l’arte del cucinare che, nei suoi aspetti quotidiani ed in quelli gastronomici, si è sviluppata come una tradizione di comunicazione di valori alimentari, espressi dalla scelta, associazione, trattamento, presentazione e consumo di cibo. La creazione della cucina, tuttavia, non può essere soltanto il frutto di un’eredità genetica, ma si collega anche a reazioni e sentimenti attivati ed elaborati mediante pratiche rituali ed insegnamenti verbalizzati, per il soddisfacimento di un benessere psicofisico che va oltre la semplice risposta della fame biologica ma interessa anche la sfera della psiche e della sociologia. La nostra specie cambia lo scenario biologico grazie alla cucina che diviene lo strumento per la creazione di un “senso alimentare” e di un nuovo rapporto con il mondo.

Origine della cucina
Cercare le origini della cucina è come cercare chi ha scoperto l’acqua calda. “Cucina” non è tanto il cuocere a fuoco diretto, quanto modificare i cibi con sistemi elaborati e strumenti quali, ad esempio, la pentola: quindi dopo aver scoperto l’acqua calda. Cercare l’origine della cucina è possibile attraverso un processo indiziario per mezzo del quale potremo avere molti sospetti sul quando e sul dove la cucina è nata, ma sarà quasi impossibile avere la prova provata di chi, creando la cucina, ha modificato in modo irreversibile la storia umana.
Se un alieno avesse visitato la nostra Terra centomila o duecentomila anni fa, e si fosse accorto che alcune specie d’ominidi costruivano strumenti di selce con i quali si procuravano il cibo e usavano il fuoco per intervenire sugli alimenti, ben difficilmente avrebbe potuto prevedere l’invenzione dell’agricoltura, dell’allevamento e soprattutto della cucina, con la quale ottenere un’alimentazione che avrebbe permesso uno straordinario sviluppo della specie umana. Allo stesso modo oggi, visto quanto avvenuto ed i risultati ottenuti, per noi divenuti alieni di un mondo scomparso, è ancor più difficile ricostruire attraverso il cammino percorso, individuarne le prime fasi e soprattutto comprendere come tutto questo possa essere avvenuto, ricordando che la cucina non era necessaria, come dimostrano i centoquarantamila – centonovantamila anni durante i quali gli antenati della nostra specie non l’hanno praticata.
Se l’uso del fuoco per cuocere gli alimenti si associa allo spiedo, una cucina elaborata deve essere associata alla pentola e molto probabilmente è stato il brodo a richiedere la costruzione di una pentola. Prima realizzata con materiali organici, poi di terra cotta e, molto tempo dopo, di metallo. Secondo le scoperte archeologiche e le osservazioni sulla cucina dei popoli “primitivi”, la cottura di alcuni alimenti, soprattutto delle carni, risale all’uso e al controllo del fuoco, almeno nel Paleolitico inferiore. Le tracce o i resti di supporti per spiedi sono più recenti e indicano che all’inizio gli alimenti sono cotti direttamente sulla brace, sulla cenere, oppure arrostiti a contatto di pietre roventi. Un primo indizio della cottura “a vapore” si ha con l’utilizzo di piccole fosse scavate nel terreno, dove si pongono braci, pietre e carni avvolte in foglie. A questo punto siamo già nell’area di manipolazioni abbastanza complesse che identificano un embrione di cucina. Anche nella preistoria, contrariamente a quanto si potrebbe comunemente pensare, è possibile riscaldare alimenti liquidi in assenza di vasellame; una tecnica molto diffusa in tutte le culture primitive è quella di porre pietre roventi nel liquido contenuto in un sacco di pelle, ma è anche provato che si possono far bollire liquidi direttamente sul fuoco usando recipienti di fibra vegetale, come cortecce fresche, canne di bambù, otri di pelle o ricavati da stomaci e prestomaci animali.
Se abbiamo qualche idea sulle prime tecniche di produzione di un primitivo brodo, da chi e perché è stato inventato? Questa creazione ha avuto molti padri o, più probabilmente, molte madri, in tempi e luoghi differenti. È plausibile che il brodo ottenuto da una pentola sia un’invenzione femminile, come testimonia l’antropologia e la psicanalisi, mentre l’arrosto e lo spiedo hanno forti valenze maschili. Un’ipotesi accattivante è quella che la cottura umida si sia evoluta per estrarre dagli alimenti particolari virtù, in una concezione magica della vita. E il brodo, con le sue origini magiche, diviene molto importante per l’origine della cucina, perché spinge all’invenzione ed alla produzione di nuovi contenitori.
Il brodo ha però un antenato: il fumo. Tra gli antropologi si va diffondendo l’idea che le sostanze psicoattive siano da considerare parte integrante di ogni cultura umana e importanti per il comportamento sociale dell’uomo, per cui l’assunzione di sostanze psicoattive per inalazione è da considerare un procedimento sviluppato dalla nostra specie in una prima tappa di un processo che avrebbe portato alla cucina. È attorno al fuoco che le popolazioni preistoriche di cacciatori e raccoglitori, chiacchierando e giocando, mangiando carni e semi abbrustoliti ed inalando fumi inebrianti, ancor prima di aver inventato l’agricoltura e l’allevamento, danno inizio ad un tipo di cucina più elaborato, per cui il vecchio aforisma che recita “l’arrosto viene prima del bollito”, dovrebbe essere aggiornato e completato ricordando che, almeno per i vegetali, “il fumo viene prima dell’arrosto e del bollito”.
Il fatto che specie vegetali selvatiche con attività psicoattive fossero note prima dell’invenzione dell’agricoltura fa ipotizzare che una coltivazione orticola e poi agricola sia partita, o per lo meno sia stata favorita, dall’interesse per le droghe. Un’ipotesi, questa, che permette di superare una delle maggiori difficoltà riguardanti la genesi dell’agricoltura e porta a considerare che agricoltura e cucina siano strettamente collegate.
La cucina poi raggiunge elevati livelli di qualità quando all’agricoltura ed all’allevamento del bestiame si associano altri elementi, primari e secondari. Importante è l’abbandono del nomadismo, col passaggio ad una vita sedentaria e la costruzione di insediamenti stabili. Indispensabili sono la messa a punto di tecnologie di conservazione degli alimenti, una gestione centralizzata del territorio con sistemi di scambi e di commercio e, in modo speciale, una produzione agricola diversificata, nella quale sono compresi i “pacchetti” di piante agricole composti di cereali e leguminose. Elementi accessori, ma sempre significativi, sono una gerarchia sociale più sviluppata e l’esistenza di sistemi di comunicazione e di registrazione con l’invenzione della scrittura. La creazione della cucina infine non può essere avvenuta senza un completo soddisfacimento dei bisogni umani: nutrizionali, psichici, comportamentali, di una vita sociale, di riti e costumi e, in modo particolare, di una connotazione artistica, che ha determinato lo sviluppo di una gastronomia con intensità e livelli differenti.
L’apparentemente, quasi improvvisa comparsa della cucina ed il suo relativamente rapido sviluppo, deve far ritenere che nella nostra specie, e solo in questa, fosse presente una serie di condizioni particolari, sia orme biologiche che altre peculiarità, che hanno portato alla sua invenzione.

1.     PRIME FASI DI SVILUPPO DELLA CUCINA

Anni prima dell’Era Corrente

FASE PROCACCIAMENTO PROCEDIMENTI TIPICI
SELVATICA

200.000 – 150.000 a. E. C.

Caccia

Raccolta

Fuoco diretto
SCIAMANICA

30.000 a. E. C.

Raccolta erbe psicoattive Produzione

di fumi inebrianti

PRIMITIVA

20.000 – 10.000 a. E. C.

Caccia

Raccolta

Spiedo

Cottura con pietre

e su pietre roventi

AGRICOLA

10.000 – 8.000 a. E. C.

Agricoltura

Allevamento

Tegami e cotture umide

Forno

URBANA

4.000 – 3.000 a. E. C.

Commercio alimentare Fermentazioni

(vino, birra, latte)

Estrazioni (olio)

Macinazione (farina)

Salagione

GASTRONOMICA

3.000 – 2.000 a. E. C.

Alimentazione indipendente dalle

stagioni e dai luoghi

Trasferimenti

degli alimenti

Innovazioni tecnologiche

Orme biologiche

Nulla in biologia ha significato,

se non alla luce dell’idea dell’evoluzione

Theodor Dobzhansky, 1973

L’improvvisa comparsa della cucina e la sua rapidissima diffusione sono eventi comprensibili solo se valutati considerando anche eventi culturali che s’innestano su di una preesistente eredità biologica.
Nella biologia umana e preumana vi è una vasta, complessa e variegata serie d’elementi preparata da una selezione naturale che nel corso di milioni d’anni ha operato secondo il caso e la necessità, lasciando nella nostra specie una serie di orme o impronte anatomiche, fisiologiche, comportamentali e psicologiche. La nostra specie, in un magico momento, ha saputo cogliere le impronte create dalla selezione naturale e riorganizzarle, dando origine alla cucina e da questa sviluppando la gastronomia, trasformando l’alimentazione ed i cibi da nutrimenti a cultura. La ricerca di queste tracce biologiche è appena iniziata, riguarda un gran numero di condizioni anatomiche, fisiologiche, comportamentali e psichiche. In una tabella sono schematicamente indicate le più importanti espressioni umane e le principali aree d’interesse (cucina o gastronomia), ma in questa sede è importante sottolineare che non esiste un’unica orma e tanto meno un singolo gene che possa giustificare la comparsa e lo sviluppo della cucina e della gastronomia, che comunque si giovano dell’interazione tra tutti i diversi elementi.
L’alimentazione umana ha indubbiamente una base biologica e psicologica comune in tutti gli individui della nostra specie, con i suoi comportamenti di base (fame, sete, …), fami specifiche o voglie più o meno inconsce (ricerca e voglia di grasso, dolce, salato, …), avversioni e repulsioni per taluni colori, odori, sapori, aromi e via dicendo. Il carattere generale, biologico ed in parte psicologico, è innegabile e su questa base comune si devono spiegare le interazioni alimentari tra le diverse culture, sia da un punto di vista sincronico che diacronico, e come vi siano scambi alimentari ma anche avversioni e conflitti di costumi alimentari, fratture e continuità, pur entro i cambiamenti temporali.
L’elaborazione degli alimenti, nel passato e nel presente, in tutti gli ambienti culturali, sociali e storici dimostra una base comune a tutta l’umanità, mettendosi in relazione anche con sistemi di comunicazione e simbolici affascinanti. Inoltre la storia della cucina e della gastronomia implicano il problema di un’alimentazione naturale, non com’è spesso intesa, ma come ricerca delle basi biologiche e psicologiche dell’elaborazione dei cibi. Va inoltre precisato che la cucina si è sviluppata assieme alla formazione di tradizioni concernenti la preparazione e l’elaborazione dei cibi, in due orientamenti strettamente collegati.
La cucina è indirizzata al soddisfacimento delle richieste biologiche somatiche (corpo) della fame e della sete, ma anche del benessere organico (eucenestesi) e lo stretto rapporto che vi è tra soma e psiche si stabilisce nella cucina (somatica) attraverso sentieri, cammini e vie in buona parte ancora da esplorare e delle quali oggi incominciamo ad individuare tracce e orme. Oltre quanto indicato nella tabella 2, tra le orme biologiche alla base della cucina vi sono indubbiamente i comportamenti che riguardano la fame e la sete che predispongono alla ricerca, scelta e valutazione degli alimenti, senza sottovalutare il fenomeno dell’imprinting alimentare. Nell’esperienza gastro-culinaria vi sono i meccanismi neuropsichici che si collegano a molecole di neuromediatori, tra le quali inizia a disegnarsi il ruolo delle endorfine, o molecole del benessere e del piacere, e della serotonina, o molecola della sazietà, calma e tranquillità.
Dopo quanto accennato, ora possiamo meglio comprendere come noi siamo quello che mangiamo e quello che hanno mangiato i nostri più lontani antenati e l’invenzione della cucina diviene meno misteriosa cercando altre orme biologiche, somatiche e psichiche, di cui troviamo tracce negli animali, ma soprattutto nella nostra specie.

1.     ORME BIOLOGICHE NELLA CUCINA E GASTRONOMIA UMANA
ELEMENTO BIOLOGICO ESPRESSIONE UMANA AREA D’AZIONE PREV.
Necessità nutrizionali
Necessità d’energia Voglia di cibi grassi Ricerca di carni grasse

Cucina e gastronomia

Voglia di cibi dolci Ricerca di vegetali

zuccherini

Gastronomia e cucina

Necessità di proteine Carnivorità Cucina e gastronomia
Necessità di vitamine Ricerca frutta e verdure Cucina del crudo
Necessità di cloruro di sodio Voglia di sale Cucina
Necessità di sali minerali Geofagia Condimenti
Necessità nutrizionali in periodi particolari (accrescimento

corporeo, gravidanza ecc.)

“Voglie alimentari” Cucina e gastronomia
Necessità equilibri nutrizionali Intersupplementazione

Mescolanza di cibi

Ricette, menù e calendari alimentari
Soddisfacimenti sensoriali
Soddisfacimento caratteri

sensoriali innati (visivi)

Ricerca di verdure (verdi) e vegetali colorati Cucina del crudo

Gastronomia (piatti colorati)

Soddisfacimento caratteri

sensoriali innati (olfattivi)

Ricerca d’aromi noti

Avversione odori sgraditi

(pericolosi)

Cucina del cotto (sviluppo d’aromi)
Soddisfacimento caratteri

sensoriali innati (gustativi)

Sapori fondamentali graditi:

dolce, salato, piccante

Avversione sapori sgraditi

(amaro)

Cucina del crudo

Cucina del cotto (sviluppo di sapori – Reazione di Maillard ecc.)

Gastronomia

Soddisfacimento caratteri

sensoriali innati (psicosensoriali)

Associazioni di colori, aromi e

sapori

Cucina

Gastronomia

Comportamenti alimentari
Comportamenti di ricerca del

cibo (migrazioni)

Ricerca d’alimenti lontani

Ricerca d’alimenti diversi

(biodiversità alimentare)

Gastronomia (cibi

esotici)

Comportamenti d’alimentazione stagionale Adeguamenti della cucina alla

stagione

Cucina del territorio
Comportamenti alimentari di

socialità

Mangiare insieme (tavola) Cucina e gastronomia
Gerarchia sociale Riti gastronomici
Comportamenti sociali
Invenzione del latte e comportamenti d’allattamento Allattamento Dono alimentare
Scomparsa dell’estro ovulatorio e invenzione dell’amore Accoppiamento continuo e

“invenzione dell’amore”

Offerta del cibo e dono

alimentare

Sensibilità segnali infantili e “scambio dei cuccioli” Lattofilia Cucina e gastronomia dei formaggi
Funzioni nervose
Necessità nutrizionali del

cervello umano

Accrescimento Cucina
Funzionamento Cucina e gastronomia

Cucina e linguaggio
Nella nostra alimentazione, oltre alla dimensione biologica esiste una dimensione culturale con due poli: alimentazione conservativa ed innovativa. La nostra specie è conservatrice, ha costruito e sviluppato tradizioni che danno sicurezza biologica e soprattutto psicologica e l’alimentazione conservativa è tradizionale di tipo localistico e femminile. La nostra specie è innovativa ed in condizioni difficili, ma non solo in queste, cerca nuove strade alimentari attraverso caute prove e tentativi, con un comportamento di tipo maschile che deriva dall’uomo migratore. Questa polarizzazione comportamentale spiega la grande varietà dei costumi alimentari che le singole culture hanno creato e sviluppato, nonostante l’unità biologica della specie.
Oggi dobbiamo ritenere che la cucina sia stata creata contemporaneamente al linguaggio, parlando attorno al fuoco, raccogliendo e rendendo efficaci tracce, predisposizioni, disposizioni, inclinazioni biologiche e psicologiche prima sparse e non inquadrabili in quella struttura di senso che ha trasformato il cibo in cucina. Un’invenzione, quella della cucina, che come il linguaggio non è mai terminata, portando ad un sistema coerente, o struttura di senso e di comunicazione di valori alimentari, espressi con la manipolazione dei cibi e resa necessaria dall’invenzione dell’agricoltura.
Per molti studiosi, un linguaggio complesso ed articolato compare nel Paleolitico superiore, circa trentacinquemila anni fa, a seguito di una mutazione biologica che provoca un aumento delle attività del cervello, se non la sua dimensione. Anche la cucina, nei suoi aspetti quotidiani ed in quelli gastronomici emerge come un sistema coerente o struttura di senso e di comunicazione di valori alimentari. La cucina, con le sue manifestazioni artistiche di gastronomia è una creazione originaria dalla nostra specie Homo sapiens sapiens o Cro Magnon, anche se non possiamo negarne una embrionale presenza nell’Homo neanderthalensis, e non può essere attribuita soltanto e singolarmente ad una specifica eredità genetica, a singole caratteristiche o tracce biologiche, ad un imprinting diretto d’atteggiamenti parentali, al trasferimento d’informazioni o ad altri elementi, che indubbiamente esistevano nella nostra specie, ma separatamente e che non potevano agire, se non innescati da un evento, o più eventi coordinati e soprattutto originali. Una cucina connessa alla creazione ed allo sviluppo di un linguaggio elaborato, portatore della possibilità di un mondo mentale condiviso, crea un linguaggio del cibo che ha dato alla nostra specie un nuovo modo di parlare con i suoi simili. Con la cucina, i cibi non sono più soltanto nutrienti, ma sono divenuti anche alimenti della psiche, o anima, assumendo il ruolo d’identificazione personale e sociale.
Una cucina strettamente connessa allo sviluppo di un linguaggio elaborato, apre nuove possibilità ad un mondo mentale condiviso anche perché il linguaggio determina la creazione della cucina e la scrittura ne favorisce la diffusione. Proprio per questo oggi si prospetta un terzo passo nell’elaborazione e nella trasmissione della cultura gastroculinaria, quello della diffusione con i nuovi mezzi di comunicazione dell’informazione.

Linguaggio e sistemi di cucina
La cucina è di per sé un linguaggio, possiede vocaboli (i prodotti e gli ingredienti), usati secondo regole di una grammatica (ricette) e di una sintassi (menù), fino alla retorica dei riti conviviali. Il linguaggio della cucina trasmette valori simbolici, è un deposito di tradizioni e d’identità individuale, familiare, di gruppo e sociale. Con il linguaggio si formano i sistemi culinari, ognuno dei quali ha una sua struttura determinata dai metodi di trattamento dei cibi, dai prodotti di base disponibili, dalla forma in cui sono presentati e nella quale intervengono la qualità degli alimenti e le capacità artistiche di chi cucina.
In una cucina considerata come un linguaggio vi è anche una trasmissione di valori simbolici, deposito di tradizioni e d’identità individuale, familiare, di gruppo e sociale. Si formano così i sistemi culinari. In modo analogo al linguaggio, ogni sistema culinario ha una struttura determinata dai modi di cottura e presentazione dei cibi, dai prodotti di base disponibili con le forme in cui sono presentati. A quest’ultimo riguardo intervengono le capacità di chi cucina, la qualità degli alimenti, in modo particolare quelli che hanno caratteristiche derivanti, in senso lato, dal territorio.
La manipolazione del cibo, come il linguaggio, diviene anche arte (gastronomia) e soprattutto determina il gusto e il buongusto. Sulla base di questi elementi, considerando l’origine della cucina, viene spontaneo affermare che l’obiettivo della culinaria scientifica non è quello di descrivere come sono fatte le cucine, ma piuttosto di spiegare perché sono fatte così e non altrimenti. Conoscere la grammatica e la sintassi alimentare e sviluppare una critica gastronomica sono un’attività culturale, in una cucina che si va sempre più riconfermando come un ineliminabile mezzo d’identità personale e collettiva. Saper leggere la propria cucina significa approfondire la propria identità culturale.

 Una cucina sensata
Come esistono discorsi senza senso, esistono anche cucine senza senso. La ricerca di un senso della cucina sviluppa anche il suo inserimento tra le attività culturali umane e la sua identificazione come attività specificamente umana. Il senso della cucina era spesso affidato a regole tradizionali, oggi sempre più ridotte o addirittura scomparse. Anche per questo riconoscere la maggiore diffusione di cucine senza senso non fa che aggravare non solo lo sconcerto, ma giustifica anche il sentimento di smarrimento e d’insicurezza che questo provoca. La cucina e la gastronomia sono infatti condizioni e valori inalienabili ed averne individuato le impronte biologiche non sminuisce, anzi rafforza l’unicità e la specificità umana.
Il futuro che sembra prospettarsi può far temere che la gastronomia, stretta tra la natura ed una sempre più invadente rete di comunicazione dell’informazione, potrebbe cessare di funzionare quale via d’innovazione e di rassicurazione, apportatrice di un senso in una cucina sensata. È tuttavia rassicurante e consolante pensare che, nella misura in cui la base biologica della vita umana è ineliminabile, una realtà che si è costituita da ventimila, forse trentamila anni, ed ha profondamente cambiato il modo di vivere della nostra specie, non potrà regredire, ma solo progredire. Anche in un mondo pervaso e dominato da una tecnologia autogena, l’uomo non accetterà di mantenersi con un’alimentazione priva di senso, anche se basata su principi scientifici e razionali.

ORME BIOLOGICHE ALLA BASE DELLA METACUCINA E DELLA CREAZIONE CONTINUA DELLA CUCINA
ORME FISIOLOGICHE ORME PSICOLOGICHE E COMPORTAMENTALI
Orme sensoriali:

  • Visive (colore e forma)
  • Olfattive
  • Tattili
  • Gustolfattive
  • Palatabilità
  • Eucenestesi (cacocenestesi) a

breve termine

Orme psicofisiche extrasensoriali:

  • Effetti “droga”

Soddisfacimenti comportamentali:

  • Stare insieme, parlare (desco, cultura

della tavola)

  • Dono e scambio di cibi
  • Scambio di cultura culinaria
  • Nomadismo (turismo, mangiare per

strada)

Innovazione

Localismo (Tradizione)

Una cucina perenne
Un processo indiziario come quello seguito per scoprire le origini della cucina e della gastronomia non può mai risolvere tutti i problemi, forse anche li aumenta. In quest’orientamento è utile accennare alla cucina perenne che si mantiene nel tempo nonostante il continuo variare delle culture umane. Un cammino di ricerca sulla cucina perenne non finisce mai ed è indispensabile perché permette di comprendere meglio i tempi presenti e soprattutto come partecipare alla costruzione di un futuro alimentare che oggi tanto preoccupa.
L’uomo è soprattutto un animale culturale; la cultura è innovazione continua e su questa linea d’innovazione sociale si pone l’evoluzione della cucina e della gastronomia nella civiltà della tavola. Quando è nata e come si è sviluppata questa civiltà? Procedendo per schemi, si può sostenere che questo sia avvenuto quando vi è stata una precisa scissione e separazione tra il fuoco e quant’altro connesso alla trasformazione dei cibi e la tavola, intesa come luogo nel quale i cibi stessi sono presentati e consumati in modo conviviale. Se la cucina è stata creata parlando attorno al fuoco, la civiltà della tavola è nata e si è sviluppata – e questo non è una tautologia – attorno alla tavola, intesa come luogo di consumo e godimento del cibo. L’ara sacrificale non era certamente una tavola, come una tavola non pare esistesse nei tempi omerici, almeno sulla base della descrizione del banchetto dei Proci, che consumano carni assumendole direttamente dal focolare. La civiltà della tavola era però presente già nell’antica Babilonia, accanto allo sviluppo della gastronomia. È tuttavia da sottolineare che, come la cucina è nata parlando attorno al fuoco, il dialogo conviviale ha partecipato al passaggio dalla cucina alla civiltà della tavola. In questa prospettiva, la civiltà della tavola si è costituita unendo alcune importanti dimensioni culturali.
Eucenestesi – Benessere somatico. Non vi è civiltà della tavola senza un completo benessere fisico o somatico (eucenestesi), che parte dalla bontà delle preparazioni, non trascura la sicurezza, è condizionato dall’equilibrio alimentare e non da ultimo da una saggia temperanza che evita ogni eccesso. La tavola non deve essere un lavoro e quindi i cibi devono essere convenientemente preparati in cucina.
Dialogo, convivialità – Benessere psichico. La civiltà della tavola è conviviale (vivere insieme) ed intessuta sul dialogo tra i commensali, che deve evitare contrasti e diatribe. La finalità è di nutrire la psiche, o anima.
Linguaggio dei cibi – Cucina sensata. I cibi non devono essere solo nutrimento, ma anche vivande, che fanno vivere il corpo e l’anima. I cibi e le loro preparazioni devono parlare e trasmettere un messaggio di tradizione, innovazione, origine e luoghi, cultura propria o nuove culture, e quindi devono avere un senso, non solo psicofisico, ma soprattutto culturale.
Organizzazione della tavola – Menù. Il pranzo o la cena, organizzati secondo precisi menù, hanno un ruolo centrale nella Civiltà della Tavola. Non solo ogni piatto, accostato con la bevanda, deve avere un suo significato, ma tutto il pasto deve avere una sua architettura sensata e di livello artistico (gastronomia).

La cucina è morta, viva la cucina
“La cucina è morta, viva la cucina” si deve affermare. L’intenso sviluppo delle comunicazioni e l’elaborazione dell’informazione, cui oggi assistiamo stanno producendo rapidi e profondi cambiamenti nella cucina ma non possono sopprimere le condizioni antropologiche, biologiche e psicologiche, che l’hanno creata e sviluppata. Dato per certo che non morrà, quale potrà essere la nuova cucina?
Senza eccessive paure o enfatizzazioni, si deve riconoscere che negli ultimi diecimila anni, anzi da quando la cucina è stata inventata, vi è sempre stata un’innovazione negli alimenti utilizzati, nei procedimenti usati e nei riti seguiti, pur mantenendo elementi costanti, in quella che è stata definita come cucina perenne, che continua a rispondere alle esigenze antropologiche della nostra specie. Per questo, i rituali collettivi della cucina e della gastronomia potranno giovarsi delle nuove strutture commerciali e di comunicazione di massa, ma le ineliminabili basi biologiche e psicologiche dell’alimentazione umana permarranno e si faranno sempre sentire di fronte ad ogni tipo di simulazione virtuale. Se oggi cerchiamo d’intravedere e soprattutto costruire un futuro, la cucina e la gastronomia, che sembrano strette tra una natura perduta ed una globalizzazione alimentare ed informativa devastanti, potranno, anzi dovranno, evolversi, arricchirsi e quindi modificarsi, sempre restando fedeli alle motivazioni per le quali sono state inventate ed hanno avuto successo: un sistema di seria, sensata e coerente comunicazione, basato su precedenti ed ineliminabili strutture di senso della vita, e significativo come autoindividuazione personale, familiare e sociale.
Un sistema che potrà evolvere solo parlando attorno ad una tavola e come civiltà della tavola. Per raggiungere quest’obiettivo dovremo però conoscere le radici della cucina e della gastronomia. Mai come oggi è necessario iniziare e sviluppare una ricerca sulla vera storia interdisciplinare delle cucine, per costituire un paradigma d’interpretazione più ampia sulla cultura umana, nella quale il cibo attraverso la cucina e la gastronomia mediate dal linguaggio sono una delle manifestazioni più specifiche ed interessanti, anche per gli aspetti inconsci.
La ricerca del passato è la strada obbligata per la conoscenza del presente e la costruzione del futuro, in modo particolare se riguarda concezioni culturali che sono meglio comprensibili se viste nella distanza del tempo. Il futuro della cucina è condizionato dalla sua origine e dal fatto che la nostra specie, divenendo umana, ha dissociato l’alimentazione dal paradigma biologico del caso e della necessità e l’ha trasformata in una componente essenziale della propria cultura.